#escapes2020 online – 26 giugno 2020
Il governo della migrazione e dell’asilo
Resistenza e azione in tempi di ambivalenza e incertezze
Stringa n. 4: Trovare e fare accoglienza nell’Europa dei sovranismi
Le ulteriori violenze per le giovani donne alla luce delle nuove riforme
Alessandra Fantin, avvocata
Gli ultimi anni sono stati segnati per le donne da un drammatico ritorno al passato nei diritti e nel rispetto in qualità di esseri viventi, siano esse donne italiane che straniere.
Per le donne straniere la situazione è decisamente peggiorata dopo l’emanazione dei decreti sicurezza D.L.gs. n. 113 del 4/101/2018 convertito in legge n. 132 del 1/12/2018 e quello bis.
In questo contributo voglio affrontare l’aspetto modifiche normative sui permessi di soggiorno con le loro implicazioni anche per l’accoglienza.
Permessi di soggiorno ed accoglienza
Con la nuova normativa è stata abrogata la protezione umanitaria ed è stato istituito un permesso di soggiorno per “protezione speciale” per quanto concerne la protezione internazionale che viene rilasciato alle persone nei cui confronti è accertato il rischio, in caso di rimpatrio, che i richiedenti siano sottoposti a persecuzione od a tortura. Inoltre, è stata data una dicitura diversa con il nome di permesso per “casi speciali” che ricomprende categorie tra loro diverse già previste dal decreto legislativo n. 286/1998 ovvero l’art. 18 (motivi di protezione sociale), l’art. 18-bis (vittime di violenza domestica) e l’art. 22, comma 12-quater (permesso di soggiorno per particolare sfruttamento lavorativo.
Dal 5/10/2018 la protezione umanitaria è stata abolita perché, nella relazione del disegno di legge, era eccessivamente riconosciuta ai richiedenti asilo, ed è stata sostituita con i permessi di “protezione speciale” e quelli indicati sopra tra cui “casi speciali” per le vittime di violenza o grave sfruttamento, di violenza domestica o di grave sfruttamento lavorativo. Si tratta però di un titolo di un anno, rinnovabile e convertibile poi in lavoro.
I beneficiari del permesso per protezione speciale non hanno diritto all’accoglienza nel nuovo SIPROIMI ed anche i richiedenti asilo e/o con determinate vulnerabilità vengono esclusi. Possono accedervi invece chi è titolare di un permesso per “casi speciali”, cure mediche, i MISNA oltre che i titolari di protezione internazionale (rifugiati e p. sussidiaria).
Tale nuovo sistema ha completamente destrutturato lo SPRAR ed è stato costruito un sistema di accoglienza di natura esclusivamente straordinaria in contrasto con i principi fondamentali posti dall’Unione Europea e segnatamente dalla Direttiva 2013/33/UE in materia di accoglienza.
All’art.21 della direttiva si dispone che “Gli Stati membri assicurano che il sostegno fornito ai richiedenti con esigenze di accoglienza particolari ai sensi della presente direttiva tenga conto delle loro esigenze di accoglienza particolari durante l’intera procedura di asilo e provvedono ad un appropriato controllo della loro situazione.(…) Solo le persone vulnerabili ai sensi dell’articolo 21 possono essere considerate come persone con esigenze di accoglienza particolari e possono pertanto beneficiare del sostegno particolare previsto conformemente alla presente direttiva” (art. 22 Direttiva 2013/33/UE).
Il D.lgs. 142/2015, non novellato sul punto del D.L. 113/2018 convertito con modificazioni nella L. 113/2018 riprende all’art. 17. comma 1 quanto stabilito dalla direttiva disponendo i servizi nei centri di prima accoglienza dell’art. 9 e non già nelle strutture di cui all’art. 11 del D.Lgs. 142/18 i cosiddetti CAS.
In ogni caso con i decreti sicurezza e quello bis con i nuovi capitolati tale necessità primarie vengono completamente meno. Si ricorda che le Linee Guida adottate dal Ministero della Salute dispongono che “…molto spesso la tortura può non essere immediatamente leggibile ed è necessario che il sistema di accoglienza sia strutturato in maniera che tutti i soggetti coinvolti a vario titolo nella presa in carico della persona (medici, mediatori culturali, psicologi, assistenti sociali, operatori legali ecc.) cooperino per favorire l’emersione della vulnerabilità. E’ da rilevare che soprattutto donne e minori, a causa del contesto culturale di provenienza, della vergogna e/o dello stigma sociale che spesso l’aver subito violenze comporta, possono trovare particolari ostacoli nel far emergere, come pure nell’elaborare, il proprio vissuto” (Linee Guida per la programmazione degli interventi di assistenza e riabilitazione nonché per il trattamento dei disturbi psichici dei titolari dello status di rifugiato e dello status di protezione sussidiaria anche hanno subito torture, stupri, o altre forme gravi di violenza psicologica, fisica o sessuale adottate con D.M. 3/04/2017).
Tra i richiedenti asilo è usuale trovarsi di fronte a persone che hanno subito torture e stupri e gravi forme di violenza psicologica, fisica e sessuale oppure a madri con minori a carico. Molte richiedenti prima di riuscire a far emergere gli abusi subiti necessitano di un lavoro costante e di supporto da parte degli operatori che a loro volta devono entrare in empatia con la richiedente e costituire una rete con i servizi del territorio per poterla supportare.
Vi è di certo la necessità di un implemento necessario soprattutto nelle strutture e che queste situazioni si trovino nel SIPROIMI, invece vi giungono salvo ottenimento di un permesso di soggiorno considerato adeguato per poter accedervi quale lo status di rifugiato e/o la protezione sussidiaria. Ora, sembra che la norma sia diventata quella del taglio dei servizi e l’impossibilità che queste situazioni possano essere prese in carico fin dall’inizio in modo adeguato calpestando i diritti più elementari.
Oggi tra i richiedenti giungono anche diverse famiglie i cui rapporti all’interno delle stesse sono molto difficili dato il vissuto e per l’innescarsi di procedure interne di coppia legate alla violenza a volte psicologica, economica fino a giungere a quella fisica. Si nota una inadeguatezza spesso ad una presa in carico anche dagli stessi servizi predisposti che appaiono a volte quasi inesistenti e/o impreparati.
Il permesso di “protezione speciale” che ha sostituito il permesso umanitario per protezione internazionale, viene rilasciato alle persone nei cui confronti è accertato il rischio, in caso di rimpatrio, che i richiedenti siano sottoposti a persecuzione o a tortura. Il permesso è annuale non è convertibile in lavoro e quindi ostacola l’integrazione e l’inserimento sociale e non dà diritto all’inserimento nel SIPROIMI.
La protezione umanitaria posta in essere fino al 4/10/2018 consente il rinnovo in protezione per casi speciali in via straordinaria in modo che poi che i richiedenti al primo rinnovo del permesso riescano a convertire in lavoro, e se non vi riescono la Commissione continuerà ad emettere poi una protezione speciale, di validità di un anno, fino a quando lo ritiene indispensabile poi quando non verrà più rinnovato la persona dovrà rientrare al proprio Paese anche se ben integrata. La normativa attuale non permette alcun tipo di conversione in altro tipo di permesso.
Ciò determinerà sempre di più una situazione di illegalità e precarietà ed un aumento di gente che vive/vivrà ai margini della società alla mercé della criminalità organizzata pur di poter sopravvivere. Per le donne e i minori la situazione diventa ancora più pesante per il rischio effettivo di subire abusi, soprusi di ogni tipo e di trovarsi ad essere sfruttate sessualmente e non solo. Vi è poi per tutti/e il rischio tangibile di finire in uno sfruttamento lavorativo che a volte rasenta la riduzione in schiavitù.
Tale decisione appare un grave arretramento da parte dello Stato italiano nel processo di riconoscimento di diritti fondamentali per l’ordinamento italiano.
Conclusioni
- Le donne, le ragazze e le bambine si trovano in una situazione di estremo pericolo in quanto neanche i diritti umani basilari vengono garantiti.
- Le situazioni di fragilità, come sopra descritte, dovrebbero trovare subito posto nei SIPROIMI che andrebbero potenziati, e si rende necessario maggiore supporto nei centri per far emergere le situazioni di vulnerabilità e di violenza, così come un’assistenza e formazione adeguata dei servizi.
- È necessario il riconoscimento di un permesso di soggiorno che permetta effettivamente una integrazione sociale sul territorio. Stiamo infatti assistendo a sacche di donne che si ritrovano, dopo aver fatto un percorso di integrazione in Italia, alla mercé di sfruttatori e criminali e che ritornano ad essere inserite in questi circuiti.
- Vi sono inoltre donne che sono qui con la famiglia in accoglienza, ma che subiscono soprusi ed angherie dai propri compagni e non trovano adeguata tutela. Anche in questo caso una maggiore formazione e lavoro di rete con i servizi andrebbe rafforzato.
Per citare questo articolo:
Fantin, Alessandra. “Le ulteriori violenze per le giovani donne alla luce delle nuove riforme”, in Escapes – Laboratorio di studi critici sulle migrazioni forzate VI Conferenza nazionale – edizione on line 26 giugno 2020, http://www.escapes.unimi.it/escapes/le-ulteriori-violenze-per-le-giovani-donne-alla-luce-delle-nuove-riforme/, consultato il GG/MM/AAAA
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