#escapes2020
Il governo della migrazione e dell’asilo
Resistenza e azione in tempi di ambivalenza e incertezze
online, 26 giugno 2020
Qualche parola sul sistema della zona grigia
Jean-Pierre Cassarino, Collegio d’Europa (Varsavia), IMéRA/AMU (Marsiglia)
Quasi un secolo fa, nel suo libro Crystallizing Public Opinion, Edward Bernays introduceva per la prima volta la figura del consulente in relazioni pubbliche, capace di diffondere idee e stereotipi in grado di influenzare l’opinione pubblica e di plasmare le percezioni delle “masse” nonché le loro soggettività. Un passaggio importante sottolinea, inoltre, che l’uso di stereotipi ed eufemismi può essere pericoloso perché “i demagoghi in tutte le aree delle relazioni sociali possono approfittare del pubblico”1. Alcuni anni dopo, di fronte all’ascesa dei nazionalismi e dell’antisemitismo in Occidente, Bernays pubblicò un secondo lavoro che rivelava i metodi e le tecniche che lui stesso aveva progettato e applicato al servizio del governo statunitense. Se Propaganda2 appare, a prima vista, come un breve manuale sulla manipolazione dell’opinione pubblica, liberamente ispirato ai numerosi scritti di Gustave Le Bon, Walter Lippmann e Sigmund Freud, ad una attenta lettura rivela anche lo zelo di un autore desideroso di giustificare uno stato di fatto: in una democrazia in cui la società dei consumi rimane inevitabilmente in preda alle emozioni e alle passioni politiche, un’élite “illuminata” è necessaria per “irregimentarla”. La propaganda è uno strumento utilizzato da un “governo invisibile” per “guidare le masse” ed “evitare il caos”. Bernays riconosce, tuttavia, che gli strumenti di propaganda possono cadere nelle mani di dirigenti in grado di abusare dell’opinione pubblica, utilizzando tecniche sofisticate per, alla fine, condurla al collasso. La storia confermerà tragicamente i suoi allarmi.
Il riferimento agli scritti di Bernays è importante, perché identifica un insieme di tecniche e pratiche ricorrenti utili per comprendere le ragioni per cui alcune idee si diffondono meglio di altre nell’ambito dei negoziati in materia migratoria. Non si tratta qui di ricordare i pericoli legati all’uso della propaganda e delle tecniche di manipolazione dell’opinione pubblica. È necessario invece evidenziare l’esistenza di un vero sistema di diffusione, consolidato da tempo, in cui circolano preconcetti, forme eufemistiche e costruzioni politiche sorte dal nulla. Il cuore del problema non è solo e non tanto nella loro produzione, che è stata abbondante negli ultimi vent’anni, quanto piuttosto nella loro riproduzione e ripetizione proprio da parte di coloro che dovrebbero avere i mezzi per emanciparsi da esse. Oggi non è raro frequentare incontri accademici sulle migrazioni e l’asilo che attingono al repertorio prodotto da agenzie intergovernative, aiutate dai loro esperti internazionali, non per decostruirlo o metterlo in questione ma per appropriarsene, come se fosse un dato di fatto. Produzione e riproduzione sono le due facce della stessa medaglia recanti l’effigie del sistema della zona grigia.
Per parlare di zona grigia è necessario soffermarsi su queste dinamiche dove la reazione alle decisioni e alle politiche migratorie ufficiali supera di gran lunga l’azione, e quindi il fatto di esporsi al mondo, come sottolineava Hannah Arendt3, senza riprodurre un discorso dominante, al fine di collegare gli esseri umani (migranti e non migranti) in un altro spazio di dibattito, sgombro dalle cosiddette “buone pratiche” e dalla ricerca illusoria di “misure efficaci” che, al dire di alcuni dirigenti, “funzionano”.
Gli attributi di una zona grigia si manifestano, ovviamente, in un contesto in cui prevalgono ambivalenza e imprecisione. Tuttavia, la loro manifestazione nel campo delle politiche migratorie e delle pratiche statali, in Occidente come altrove nel mondo, è sintomatica della relazione fortemente asimmetrica su cui si basa ogni tipo di cooperazione bilaterale o multilaterale. Più asimmetrica è questa cooperazione – in termini di costi, di benefici, di percezione – più porterà nel tempo all’espansione di uno spazio caratterizzato da tecniche di elusione e da una catena di comando opaca che integra sia attori statali che non statali e metodi operativi informali o addirittura segreti. Queste pratiche sono ben note: molte di esse sono state persino oggetto di dibattiti parlamentari e di relazioni riprese dalla stampa che denunciano la mancanza di trasparenza che le caratterizza. Tuttavia, anche se un ricorso al Freedom of Information Act (FOIA) può porre rimedio a questa mancanza di trasparenza avendo, ad esempio, accesso al testo degli accordi e delle intese informali, ciò non consentirà necessariamente di comprendere le vere intenzioni dei firmatari, il cui ambito spesso comprende questioni strategiche, situate ben al di là del controllo dichiarato dei flussi migratori o della loro esternalizzazione. La zona grigia è sapientemente progettata per esistere, per espandersi, senza mai rivelare i suoi effettivi contorni e il suo vero volto.
Gli esempi sono numerosissimi. Con il pretesto della “lotta contro l’immigrazione irregolare”, l’Italia firma nel 2016 un memorandum d’intesa con il Sudan, guidato all’epoca da Omar El Bashir accusato dalla Corte penale internazionale di crimini contro l’umanità. Lo scopo dell’accordo era, tra l’altro, di rimpatriare cittadini sudanesi irregolari, che porterà anche all’espulsione di dissidenti politici sudanesi nel loro paese di origine. Al fine di “salvare vite umane” nel Mediterraneo, ingenti somme sono state pagate indirettamente alle milizie locali e a capi clan libici noti per la loro violenza verso i migranti e i civili. Poiché la Germania considera l’Afghanistan un “paese terzo sicuro”, migliaia di richiedenti asilo afghani rifiutati sono stati deportati nel loro paese devastato dalla guerra e dalla violenza, senza che nessuno sappia qualcosa della loro sorte. Alla dichiarata lotta contro la tratta di esseri umani in Niger, si è innestato da un lato lo spiegamento di forze militari per proteggere i siti di estrazione mineraria, essenziali per la sicurezza energetica delle potenze occidentali e asiatiche, e dell’altro la volontà dell’attuale governo nigerino di consolidare alleanze internazionali vitali per la sopravvivenza del regime. Infine, la situazione dello status quo di cui gode la presenza odierna del Marocco nel Sahara occidentale è inseparabile da una riflessione su come il Marocco ha abilmente saputo mettere a profitto il suo impegno nel controllo delle frontiere esterne dell’Europa, in stretta collaborazione con la Spagna.
È solo riconoscendo le molteplici implicazioni che si nascondono dietro l’apparente “lotta contro la migrazione irregolare” che possiamo percepire l’ampiezza del sistema della zona grigia. Quest’ultimo si è sviluppato utilizzando un nuovo repertorio e tecniche di propaganda collaudate, in grado di orientare i dibattiti su migrazione e asilo, esternalizzazione, sicurezza e criminalizzazione. Un repertorio necessario per appropriarsi di un linguaggio “umanitario” che giustifica, se non normalizza, pratiche opache e il ricorso al male necessario. Capire e riconoscere le reali poste in gioco a livello strategico, politico, economico, diplomatico e militare che si manifestano dietro le quinte della “lotta contro la migrazione irregolare” non è mai stato così necessario per tentare di arginare la deriva verso l’abuso e ristabilire le relazioni tra esseri umani (migranti e non migranti).
Note:
1. Edward Bernays, Crystallizing Public Opinion, New York, Ig Publishing, [1923] 2011, p. 165.
2. Edward Bernays, Propaganda, New York, Ig Publishing, [1928] 2004.
3. Hannah Arendt, La condition de l’homme moderne, Paris, Calmann-Lévy, [1958] 1961, p. 210.
Per citare questo articolo:
Cassarino, Jean-Pierre. “Qualche parola sul sistema della zona grigia”, in Escapes – Laboratorio di studi critici sulle migrazioni forzate VI Conferenza nazionale – edizione on line 26 giugno 2020, https://escapes.unimi.it/qualche-parola-sul-sistema-della-zona-grigia/, consultato il GG/MM/AAAA
Questo testo è distribuito con licenza Creative Commons Attribuzione – Non commerciale – Non opere derivate 3.0 Italia
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