di Roberta Marzorati e Michela Semprebon, Dip. Sociologia dell’Università di Milano-Bicocca
Per molto tempo le politiche di housing in Italia hanno favorito, sia direttamente che indirettamente, l’accesso alla proprietà. In parallelo, si è assistito ad un progressivo disinvestimento nell’edilizia residenziale pubblica, accentuatosi ulteriormente con l’emergere della crisi economica e l’adozione di una politica di austerity. Da decenni ormai l’Italia si caratterizza per un sistema duale, con una percentuale di alloggi di edilizia residenziale pubblica tra le più basse in Europa e una condizione di continua emergenza abitativa ormai sedimentata. Recenti ricerche mostrano come, in Italia, il livello di povertà sia strettamente collegabile al costo della casa. A fronte della limitata crescita dei redditi da lavoro, della precarietà lavorativa e di un aumento della disoccupazione, il costo della casa è lievitato significativamente; non deve sorprendere quindi che si assista ad una parallela crescita del numero di famiglie sfrattate e di famiglie in difficoltà rispetto al pagamento del mutuo.
Alcune fasce più vulnerabili della popolazione, ed in particolare i giovani precari, i nuclei familiari più giovani, i disoccupati, gli immigrati, sono state particolarmente penalizzate da questa situazione. Si è andata così ampliando una fascia di soggetti che include non più soltanto i soggetti marginali, ma anche un gruppo di soggetti con un reddito alto per poter accedere alle graduatorie dell’edilizia residenziale pubblica e allo stesso tempo insufficiente per accedere all’affitto nel libero mercato.
L’Unità di Ricerca del Dipartimento di Sociologia dell’Università di Milano-Bicocca inserita nella rete europea “COST Action IS1102 SO.S. COHESION – Social services, welfare state and places”, e coordinata dalla Prof.ssa Vicari, ha organizzato il seminario in oggetto, al fine di promuovere una riflessione sul ruolo del terzo settore nelle politiche abitative.
Durante la mattinata sono intervenuti il Prof. Stuart Cameron, della University of Newcastle e la Dott.ssa Tuna Tasan-Kok del TU Delft-OTB Research Institute for the Built Environment, che hanno parlato rispettivamente di politiche abitative nei Paesi Europei e della pianificazione community-based in Canada, aprendo a una prospettiva internazionale il dibattito della giornata. Nel pomeriggio si è svolta una tavola rotonda, coordinata dal Prof. Antonio Tosi del Politecnico di Milano, durante la quale sono stati presentati progetti di housing sociale attivati dal terzo settore in Lombardia ed in particolare da: Fondazione Housing Sociale, Fondazione S. Carlo, Cooperativa Dar=Casa, Cooperativa Sociale K-Pax, Associazione Cascine Milano.
Queste realtà portano avanti progetti che uniscono all’obiettivo di facilitare l’accesso alla casa, quello di favorire l’inclusione, promuovendo forme di interazione e solidarietà. Sono storie di piccoli numeri in grado di rispondere alle esigenze di un numero limitato di utenti. Ciò nonostante promuovono pratiche virtuose che possono incidere positivamente sulla vita dei quartieri.
I progetti di housing sociale temporaneo promossi da Fondazione Housing Sociale, Cenni di Cambiamento e Borgo Sostenibile, prevedono un percorso di accompagnamento di persone in condizione di fragilità socio-abitativa. Tali percorsi si concretizzano in forme di presidio “leggero” nei rispettivi contesti abitativi. L’obiettivo di inclusione, nell’ottica di un percorso che vede la partecipazione attiva dei residenti, è perseguito attraverso un approccio di co-progettazione fra enti coinvolti e la figura del gestore sociale che funge da referente per i residenti.
Forme di housing sociale temporaneo sono promosse anche dalla Fondazione S. Carlo con il progetto “Emergenza Dimora”: in edifici di proprietà delle parrocchie, ristrutturate grazie al supporto economico della Fondazione Cariplo, sono stati creati tre centri di accoglienza per persone in grave difficoltà alloggiativa, gestiti da organizzazioni locali. Il progetto consiste in una forma di accompagnamento che punta all’autonomia dei soggetti. Il target sono adulti di sesso maschile che si trovano improvvisamente in condizione di disagio abitativo, con difficoltà sia di tipo materiale che relazionale (ragazzi neo-maggiorenni con disagio familiare, padri separati, persone che terminano la loro pena carceraria in affidamento ai servizi sociali o in detenzione domiciliare, ex tossicodipendenti, ecc.).
Infine il progetto “Abitare solidale”, promosso dal Comune di Milano e attuato da DAR=CASA in partnership con la cooperativa sociale Comunità progetto e l’Associazione di Promozione Sociale ARCI Milano, prevede l’assegnazione, a costi contenuti, di 24 mini alloggi di proprietà comunale ad altrettanti giovani tra i 18 e 30 anni con reddito mensile non superiore ai 1.500 euro. Si tratta di un percorso di orientamento all’autonomia abitativa e lavorativa che ambisce ad avere un impatto positivo sui quartieri attraverso la partecipazione dei giovani agli interventi sociali realizzati sotto il coordinamento degli enti attuatori.
Come è emerso nella discussione, alla quale hanno partecipato Stefania Sabatinelli e Paola Briata del Politecnico di Milano, Pietro Palvarini dell’Università Statale di Milano, Roberta Marzorati e Michela Semprebon dell’Università di Milano-Bicocca, i progetti presentati non sono in grado, né hanno l’obiettivo, di rispondere alle domande abitative strutturali. Allo stesso tempo si tratta di iniziative sperimentali che affrontano il tema dell’abitare nella sua complessità: considerano non soltanto le esigenze legate al sempre più critico accesso ad un alloggio, ma anche i bisogni di carattere relazionale, spesso esplicitati dai partecipanti dei progetti stessi, che esprimono il desiderio di diventare parte attiva nella comunità e di contribuire alla vita del quartiere.
Tra le altre cose, l’attenzione è stata portata sul fatto che queste tipologie di progettualità sono state raramente oggetto di una valutazione approfondita. A causa di una carenza di risorse, i progetti sono spesso valutati solo ex-ante e beneficerebbero di una valutazione in itinere, finalizzata anche a stimolare eventuali investimenti nel lungo periodo.
Nel corso del seminario è stato poi presentato il progetto di micro-accoglienza diffusa per richiedenti asilo e profughi, della Cooperativa K-Pax. Si tratta di un progetto con un target molto specifico ma che stimola una riflessione di più ampio raggio sul tema dell’housing. È nato nel 2011, per quanto con una progettualità avviata fin dal 2004, a seguito dell’arrivo di un centinaio di persone in fuga dalla Libia in una località di alta montagna della Val Camonica, Monte Campione. Grazie allo sviluppo di una rete estesa di soggetti pubblici e del terzo settore sono stati attivati 17 appartamenti, per 4-6 persone ciascuno, nel territorio della Valle, con obiettivi di assistenza socio-sanitaria e legale e di promozione dell’autonomia dei soggetti (con corsi di alfabetizzazione, formazione professionale, ecc). Grazie soprattutto al volontariato sociale, si è così costituita una fitta rete di solidarietà per facilitare il positivo inserimento di richiedenti asilo e rifugiati.
Il quadro dei progetti è stato anche arricchito dall’esperienza dell’Associazione Cascine Milano. Fondata nel gennaio 2013, dai soci del Comitato per la Fondazione Cascine Milano 2015, promuove iniziative ed eventi al fine di sensibilizzare i cittadini sull’importanza e il potenziale delle cascine presenti in città (più di 100, di cui 61 appartenenti all’Amministrazione Comunale) e di favorire le relazioni con e tra le associazioni del territorio per il processo di riqualificazione architettonica e funzionale delle stesse. Le cascine recuperate sono tenute in vita da soggetti del terzo settore come spazi per attività sociali e culturali di diverso tipo, oltre che servizi per i cittadini (centri di accoglienza, comunità alloggio e cura, centri sociali, spazi per la cultura e il tempo libero ecc.)
Alcune esperienze di Autocostruzione Associata sono state infine presentate dall’Architetto Giuseppe Cusatelli, docente per anni presso il Politecnico di Milano; si tratta di esperienze attraverso le quali un gruppo di nuclei familiari, coordinati da professionisti, costruiscono la propria casa, acquisendo competenze manuali e al tempo stesso contribuendo allo sviluppo di forme di appartenenza al territorio e solidarietà che possono favorire l’integrazione sociale.
Come hanno ricordato i discussant coinvolti nella tavola rotonda, nell’ambito della programmazione europea, Regione Lombardia sta investendo nell’housing sociale. In quest’ottica, l’insieme dei progetti presentati, e di altri presenti in Lombardia, potrebbe diventare un tassello importante delle politiche abitative, a condizione che vengano inseriti in un sistema di rete comprendente attori pubblici e privati, con relativi investimenti in termini economici e soprattutto di impegno politico. Attualmente le politiche abitative in Italia sono deficitarie di una visione strategica in questo senso. La letteratura internazionale mette in luce come non sia sufficiente attivare forme di mix sociale, nel senso di favorire la vicinanza tra gruppi diversi, per favorire l’inclusione. I relatori hanno comunque sottolineato come i progetti presentati possano costituire un canale privilegiato in questa direzione, e diventare uno strumento prezioso verso una politica abitativa che tenga conto dell’abitare nella sua accezione più complessa.