Terza conferenza annuale di ESCAPES
Europa e migrazioni forzate
Quale futuro per le politiche europee?
Quali forme e pratiche di resistenza?
Università degli studi di Bari “Aldo Moro”, 23-24 giugno 2016
È aperta la call for presentations per intervenire in uno dei panels che si terranno in occasione della terza Conferenza annuale di Escapes.
3) La nuova geografia politica del controllo delle migrazioni e della frontiera europea
Proponenti: Giuseppe Campesi (Dipartimento di Scienze Politiche, Università di Bari), Patricia Chiantera (Dipartimento di Scienze Politiche, Università di Bari)
Per lungo tempo l’immaginario geopolitico della frontiera europea è stato costruito a partire dalla politica di gestione integrata dei confini. Elaborata nel 2006 dal Consiglio europeo, l’idea che la gestione dei movimenti transfrontalieri dovesse svolgersi nel quadro della cooperazione con i paesi terzi vicini ha concretamente contribuito alla produzione dello spazio europeo.
Certo la politica di vicinato implicava anche un processo di definizione dei confini, dato che individuava una serie di paesi che non avrebbero potuto aspirare alla membership dell’Unione, tuttavia il progressivo coinvolgimento dei paesi terzi nella governance esterna delle politiche in materia di giustizia ed affari interni ha messo in costante tensione la dicotomia tra interno/esterno su cui si articola l’immaginario geopolitico classico.
Nel definire le sue politiche di vicinato l’Europa tentava anche di creare una sfera di influenza, in cui i suoi standard normativi e i sui modelli politici venivano offerti come punto di riferimento da seguire per chiunque volesse allacciare relazioni di cooperazione con l’Unione.
Il governo delle migrazioni è stato senza dubbio il settore dove le forme di collaborazione con i paesi terzi sono progredite maggiormente, al punto che in letteratura si è ampiamente analizzato il processo attraverso il quale l’Europa, per mezzo di una progressiva extraterritorializzazione ed esternalizzazione delle pratiche di controllo delle migrazioni, ha prodotto un’autentica “zona cuscinetto” a protezione delle sue frontiere esterne. Lo spazio euro-mediterraneo è stato così lentamente trasformato in uno dei laboratori più avanzati a livello mondiale della gestione “post-nazionale” della frontiera, uno spazio in cui l’Europa ha cercato di utilizzare tutte le sue capacità egemoniche per adattare le politiche migratorie dei paesi vicini alle sue esigenze di politica interna.
Il modello di gestione delle migrazioni nello spazio euro-mediterraneo è tuttavia attraversato da una crisi profonda, una crisi le cui radici possono essere rintracciati in fattori di instabilità politica della regione (primavere arabe), in controversie sulla sua base legale (rapporto tra poteri degli stati e diritti di migranti e richiedenti asilo), in contrasti politico-diplomatici interni all’Unione europea (distribuzione degli oneri). I tentativi di uscita dalla crisi che attraversa il regime di controllo della frontiera euro-mediterranea sembrano muoversi in direzioni diverse: da un lato si persegue uno strenuo tentativo di ravvivare la tradizionale “geopolitica dell’inclusione”, che puntava a coinvolgere i paesi terzi nel controllo della frontiera europea; dall’altro si paventa il rischio di una inedita “geopolitica dell’esclusione”, che tagli fuori dallo spazio di libera circolazione i paesi dell’Europa meridionale.
Il presente panel intende esplorare criticamente dal punto di vista delle scienze giuridiche, politiche e sociali le ragioni della crisi del regime di controllo delle migrazioni costruito nel decennio che ha preceduto l’erompere delle cosiddette primavere arabe, nonché le sue possibili conseguenze sulla geopolitica della frontiera Europea.
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