Terza conferenza annuale di ESCAPES
Europa e migrazioni forzate
Quale futuro per le politiche europee?
Quali forme e pratiche di resistenza?
Università degli studi di Bari “Aldo Moro”, 23-24 giugno 2016
È aperta la call for presentations per intervenire in uno dei panels che si terranno in occasione della terza Conferenza annuale di Escapes.
6) Quale futuro per Schengen?
Proponenti: Giuseppe Campesi (Dipartimento di Scienze Politiche, Università di Bari), Giuseppe Morgese (Dipartimento di Scienze Politiche, Università di Bari)
Il 2015 sarà ricordato come l’anno della “crisi” di Schengen. Una “crisi” senza dubbio alimentata dall’afflusso senza precedenti di migranti e richiedenti asilo (oltre un milione nel 2015, dei quali 800 mila giunti in Grecia e 150 mila in Italia, a fronte di una media di 135 mila nel quinquennio 2009-2014), che nondimeno affonda le radici nelle inadeguatezze del modello di gestione della frontiera comune esterna costruito nell’ultimo ventennio. Un modello che impone sopratutto ai Paesi frontalieri (in particolare Spagna, Italia e Grecia) l’onere di far fronte ai costi di identificazione, accoglienza e rimpatrio dei migranti, con notevole dispendio di risorse amministrative e finanziarie.
Le prime avvisaglie della crisi si erano manifestate nel 2011, in occasione delle c.d. “primavere arabe”, quando alcuni degli Stati membri “meridionali” si erano battuti per la redistribuzione degli oneri derivanti dalla partecipazione all’area Schengen. Le criticità riguardavano (e riguardano tuttora) soprattutto il “sistema Dublino” che impone di registrare nella banca dati Eurodac tutti i migranti irregolari e richiedenti asilo giunti nello spazio Schengen. In quell’occasione, le frizioni tra Stati membri hanno portato a una riflessione sulla possibilità di ripristinare più facilmente i controlli alle frontiere interne per sopperire alle “mancanze” dei Paesi UE meridionali nel controllo di quella esterna.
La risposta a quella crisi è stata una prima revisione del c.d. Codice Frontiere Schengen (con l’approvazione del regolamento n. 1051/2013) al fine di disciplinare meglio il ripristino dei controlli alle frontiere interne, rafforzando il ruolo di mediazione e controllo della Commissione.
L’intensificarsi dei flussi migratori negli anni successivi, dovuto all’acuirsi dell’instabilità geopolitica nella regione mediterranea, e la crescente minaccia terroristica hanno tuttavia evidenziato la “debolezza” delle soluzioni adottate, dando luogo ad una serie di azioni unilaterali da parte di alcuni Stati membri che non ha precedenti nella ventennale storia dello spazio di libera circolazione delle persone.
La sequenza di provvedimenti di ripristino dei controlli alle frontiere interne cui abbiamo assistito nel 2015 solleva fondati dubbi sul futuro del sistema Schengen e ha comportato una pronta risposta delle istituzioni europee. A questo proposito, si può distinguere tra una serie di misure a breve termine (adozione del c.d. metodo Hotspot, ricollocazione di emergenza dei richiedenti protezione) e una serie di più ambiziose misure a medio-lungo termine (proposte di riforma del regolamento Dublino, del Codice Frontiere Schengen e creazione di una nuova European Border Agency).
Il presente panel ha l’obiettivo di analizzare tali misure dal punto di vista delle scienze giuridiche, politiche e sociali, nonché valutarne l’adeguatezza rispetto alle sfide che la crisi del sistema Schengen impone all’Unione e ai suoi Stati membri.
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