IV Conferenza Escapes – #escapes2017
Ripensare le migrazioni forzate
Teorie, prassi, linguaggi e rappresentazioni
Università di Parma, 8 e 9 Giugno 2017
La coercizione dei migranti forzati alla luce dei principi sovraordinati
Proponente: Elena Valentini (Università di Bologna)
A fronte della continua evoluzione degli scenari migratori, si assiste da anni all’apertura di nuovi centri di contenimento e smistamento degli stranieri, spesso (ancorché non sempre dichiaratamente) di natura detentiva.
È sufficiente passare in rassegna la varietà di denominazioni con cui negli anni sono stati battezzati (o ribattezzati) i vari “centri” – CPT, CIE, CPA, CPSA, CARA, Hub, e ora Hotspots – per toccare con mano le differenti declinazioni che può assumere il controllo fisico dell migrante operato nell’ambito del nostro sistema.
Non sempre dietro alle disparate denominazioni si coglie una reale distinzione di scopi e natura giuridica: basti pensare alla difficoltà di tracciare, in concreto, una linea di confine netta tra centri di accoglienza e centri deputati al trattenimento (dell’espellendo o del richiedente asilo), e dunque tra centri aperti e centri chiusi.
Premessa l’irriducibile difficoltà di conciliare la detenzione amministrativa degli stranieri con il sistema costituzionale italiano (che non contempla esplicitamente forme di restrizione della libertà personale fondate sul semplice ingresso o soggiorno irregolare sul territorio nazionale), è ovviamente necessario fare i conti con le varie forme di coercizione “riservate” a migranti e richiedenti asilo.
Da anni gli studiosi e gli operatori del settore denunciano i pesanti deficit di tutela che caratterizzano la disciplina dell’espulsione, dell’allontanamento coatto e del trattenimento dello straniero, in relazione all’effettivo rispetto della disciplina costituzionale come pure di quella comunitaria e convenzionale. Limitandosi a menzionare le questioni più eclatanti: la gestione delle procedure di allontanamento rimane appannaggio ordinario dell’autorità amministrativa e di pubblica sicurezza, mentre l’intervento giurisdizionale (oltretutto riservato al giudice di pace) resta marginale, in evidente contrasto – e da più punti di vista – con l’art. 13 Cost.; l’attrito con la disciplina comunitaria è attestato da svariati fattori, tra cui la circostanza che l’accompagnamento coattivo alla frontiera resta nel diritto interno la regola esecutiva dell’espulsione, mentre il rimpatrio volontario, che nel diritto dell’Unione europea è la modalità ordinaria dell’allontanamento, continua a rimanere un’ipotesi del tutto residuale; il contrasto con i principi enunciati nella Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo è denunciato da più punti di vista, così com’è dimostrato dalle condanne inflitte all’Italia dalla Corte di Strasburgo.
A tali (ed altre) questioni – note da tempo e mai risolte – se ne aggiungono, oggi, di nuove, legate all’evoluzione delle procedure mirate all’allontanamento dei migranti sin dal loro approdo alla frontiera.
Tra gli altri nodi, resta ancora da definire la natura giuridica dei centri in cui si attua l’approccio hotspot, luoghi di contenimento fisico non contemplati – e dunque non legittimati – da alcuna norma comunitaria e nazionale: “continuano” a essere centri di prima accoglienza o diventano centri detentivi in senso stretto, con tutto ciò che ne consegue in termini di rispetto delle riserve di legge e di giurisdizione prescritte dall’art. 13 Cost.
Per ora, e così come denunciato addirittura in sede istituzionale (la Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani, istituita dal Senato), l’approccio hotspot, mai fatto oggetto di una disciplina legislativa, resta in insanabile contrasto con il principio di legalità, anche con riferimento all’esercizio di poteri coercitivi tesi all’acquisizione dei rilievi dattiloscopici. Senza considerare che il diritto all’informazione del migrante non è adeguatamente assicurato, con tutto quanto ne consegue in ordine al suo successivo percorso.
Quelle appena indicate sono solo alcune delle questioni che ruotano attorno alle differenti forme di trattenimento e contenimento fisico dello straniero.
Questo panel intende sollecitare un dibattito fra giuristi e studiosi di altre discipline per sviluppare una riflessione articolata sulle diverse forme di coercizione operate nei confronti dei migranti, in particolare forzati, onde cogliere l’effettivo rispetto dei principi sovraordinati (di natura costituzionale, comunitaria, convenzionale) che governano la materia.
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