IV Conferenza Escapes – #escapes2017
Ripensare le migrazioni forzate
Teorie, prassi, linguaggi e rappresentazioni
Università di Parma, 8 e 9 Giugno 2017
Forme del potere e del soggetto. Genere, violenza e sopraffazione
Proponenti: Barbara Pinelli (antropologa, Università degli studi di Milano Bicocca)
Keywords: soggettività, corpo, pervasività del controllo, abbandono istituzionale.
Oggetto: La ricerca sui campi ha prodotto analisi rilevanti sul governo capillare dei corpi e dei soggetti e sulle tecniche di controllo che disciplinano la vita di donne, uomini e famiglie nei luoghi di confinamento.
Tuttavia, ancora poco sono stati esplorati i modi con cui regimi dei campi, pratiche umanitarie e politiche di controllo non siano neutrali dal punto di vista di variabili quali il genere e la razza. Sessuazione e razzializzazione delle politiche, delle pratiche di controllo e dell’intervento umanitario e modi con cui esse perpetuano e rafforzano gerarchie e pregiudizi di genere, razza, classe o altre forme di appartenenza, e infine i processi di costruzione attiva del sé (gendered subjectivity) sono al centro di questa discussione.
Contesto: Questo panel riflette sugli effetti concreti delle politiche del controllo e dell’abbandono istituzionale che investono donne e uomini dopo le esperienze vissute lungo l’intera traiettoria migratoria. Nel chiedere asilo, vivranno ulteriori esperienze di violenza istituzionale e strutturale e/o saranno abbandonate/i a condizioni di sofferenza e vulnerabilità. Il prisma del genere – inteso come uno sguardo analitico capace di cogliere la costruzione di gerarchie sociali sulle differenze e come metodologia che mira a studiare la relazione stretta fra soggetti e forme del potere – è in questa sede richiesto per un’analisi dei processi con cui istituzioni, politiche e forze sociali costruiscono regimi di vulnerabilità, povertà protratta e sofferenza duratura con specificità rispetto all’appartenenza di genere. Centrale è altresì lo studio della soggettività e dei processi di costruzione attiva del sé, anche in condizioni di memoria traumatica e marginalità estrema per indagare gli effetti concreti delle forze sociali e politiche di cui le persone sono investite.
Dall’autunno 2013, una profonda arbitrarietà si gioca sui corpi di esercita il diritto d’asilo. Il sistema d’asilo appare caratterizzato da un continuo scivolamento fra forme di controllo invasive della persona e forme d’abbandono istituzionale e sociale. Studi e azioni di monitoraggio sulle condizioni delle rifugiate hanno mostrato, per esempio, come il controllo e le pratiche umanitarie agiscano anche con l’imposizione di modelli di genere ritenuti più moderni di quelli d’appartenenza, con forti interferenze nelle attività di cura, del maternage e delle relazioni parentali. Altri hanno raccontato situazioni d’abbandono di giovani donne anche gravide in ambienti non protetti o promiscui e ai limiti dell’igiene, condizioni materiali di profondo disagio e indecenza; o hanno ancora descritto il controllo della sessualità maschile e gli stereotipi di genere/razza sui giovani richiedenti. Dalle aree hotspot ai campi cui si è assegnate-i, donne, uomini e bambini, che si trovano in condizioni di stretta dipendenza materiale e sociale, saranno oggetto di controllo e continue interferenze, oppure abbandonate-i alla loro memoria traumatica e all’assenza di protezione. Fuori dai campi, nelle dure gerarchie sociali dove dilagano razzismo/sessismo, stigmi, sfruttamento, dovranno ingaggiare un’ulteriore partita nel tentativo di guadagnare una minima autonomia dalle istituzioni e d’intervenire sul loro presente e futuro.
In questo scenario, l’esposizione al rischio e alla violenza vissuta nel transito o nel paese d’origine rimane spesso in ombra, principalmente per l’incapacità di cogliere i segni della sopraffazione – compresa la difficoltà della narrazione della violenza. Quest’opacità si ripercuote lungo le diverse fasi della richiesta d’asilo e nel contatto con attori militari, burocratici e sociali, in teoria preposti a farsi carico delle biografie dell’asilo, producendo altre forme di sofferenza con ripercussioni sull’esito della protezione.
Modalità: Ricerche, azioni di monitoraggio e territoriali, esperienze dei centri antiviolenza e di attori impegnati in azioni di denuncia sociale sono sollecitate a partecipare, assumendo un approccio di genere, per costruire un tavolo di discussione permanente sui temi proposti, fra i quali:
1) Immaginari di genere e culturali incorporati dall’intervento umanitario e di controllo;
2) Forme di assoggettamento e costruzione attiva del sé (pratiche agite, desideri e significati sociali attribuiti al sé e alle proprie posizioni);
3) Continuità/temporalità della violenza e della sopraffazione: interazione fra diverse forme di violenza (vissute prima dell’arrivo, nel transito e nei luoghi d’arrivo);
4) Tratti evidenti del controllo e pratiche con cui le maschere umanitarie celano violenze istituzionali, razzializzazione delle politiche, meccanismi di sopruso e sopraffazione.
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