Memorie e luoghi dell’esilio
Tracce, solidarietà e violazione
VII conferenza Escapes, Milano, 11 e 12 settembre 2025
Il 13 maggio del 2015 la Commissione Europea implementava l’Agenda Europea sulla Migrazione al fine di dare risposta immediata a quella che era ritenuta essere una “situazione di crisi del Mediterraneo” e di indicare soluzioni strutturali per la gestione della migrazione. Si trattò nei fatti di una riorganizzazione in senso restrittivo dei confini esterni ed interni dell’Unione Europea e dei suoi paesi membri in relazione ai paesi terzi.
Tale riorganizzazione teneva le tracce di precedenti fasi di crisi, quali le destabilizzazioni geopolitiche dell’area del Medio Oriente e Nordafrica databili intorno al 2011, le trasformazioni delle prassi di salvataggio nelle rotte del Mediterraneo Centrale e Orientale a partire dal 2013, i movimenti legati alla rotta balcanica. Allo sguardo dell’Unione Europea, tali crisi avevano incentivato migrazioni irregolari e fuori controllo nei numeri e nelle modalità di ingresso. Facendo propri i pilastri del Global Approach to Migration and Mobility e nel tempo divenuta base ispiratrice per il nuovo Patto europeo su migrazione e asilo (2020), l’Agenda ha avuto lo scopo di riconfigurare le zone di confine e di transito dentro e fuori l’Unione sollecitando prassi politiche e mobilitando risorse, tecniche e attori sociali utili al suo scopo (ad es. la delocalizzazione del controllo lungo le frontiere dell’Africa Occidentale, le procedure accelerate di rimpatrio e il rinnovo dei patti bilaterali, l’istituzione di aree/approcci hotspot nei punti di ingresso, il dispiego di forze per rafforzare i passaggi interni all’UE).
Queste e altre misure politiche nazionali e internazionali, insieme alle loro prassi attuative, hanno avuto immediati effetti erosivi dei diritti e della libertà di movimento. Divieto di approdo e di transito; depauperamento delle risorse destinate all’accoglienza e smantellamento degli spazi informali di sosta e soccorso; delocalizzazione e accelerazione delle procedure di rimpatrio; permanenza forzata in luoghi di transito che espongono alla violazione; liste di paesi sicuri e patti per l’esternalizzazione dei confini: queste sono solo alcune delle misure che hanno reso esplicite e materialmente visibili le conseguenze di tali direzioni politiche.
Tuttavia, gli effetti rifrangenti di queste misure sui soggetti, sulle collettività, sulle loro reti di relazione sovente si manifestano con caratteri meno visibili ed espliciti. I loro riverberi di lunga durata, la forza con cui colpiscono le vite migranti e le conseguenze che ad ampio raggio infrangono anche comunità locali e forme di solidarietà, dentro e fuori l’Europa, richiedono di essere indagati, portati alla luce e resi dibattito pubblico.
Ragionare sulle conseguenze e sulle trasformazioni che si sono generate intorno alle politiche migratorie nazionali e internazionali significa anche cogliere i modi sociali con cui ad esse si è trasgredito. Le persone hanno continuato a migrare e ad insediarsi, ad attraversare territori, riorganizzare la vita e far fronte agli ordini disciplinari. Laddove l’Agenda ha posto le basi per colpire la solidarietà dal basso a favore delle persone migranti, favorendo una solidarietà tra i paesi membri come deterrenza nei confronti dei movimenti migratori verso e dentro l’Europa, nuove mobilitazioni, accoglienze informali e solidarietà hanno preso vita, talvolta anche recuperando esperienze depositate nei luoghi e nella memoria collettiva o solidaristica.
I dieci anni trascorsi dall’Agenda Europea sulla Migrazione sono un pretesto temporale per cogliere forme e modi con cui le direzioni politiche e le misure attuative hanno eroso e frammentato l’istituto dell’asilo e, più in generale, hanno ristretto l’accesso alla mobilità da parte di persone provenienti dal Sud globale e stratificato violazioni che colpiscono sia i migranti che chiunque si attivi con forme di solidarietà in loro supporto.
Comprendere lo scenario attuale implica infine prendere in considerazione un contesto in cui i temi del confine e della mobilità si sono intrecciati alla crisi neoliberale e al radicarsi di un crescente autoritarismo e populismo e in cui si registra una proliferazione di guerre e conflitti, a partire da Ucraina e Palestina. Occorre ricordare, per esempio, che la Convenzione di Ginevra relativa allo statuto dei rifugiati (1951) fu redatta in risposta alle conseguenze della guerra e alla condizione di profugo. Guardare indietro permette di osservare in prospettiva il nesso fra guerre, diaspore e luoghi di transito o di approdo, ma soprattutto di interrogarsi sulla tenuta dei diritti politici e sociali.
La conferenza Memorie e luoghi dell’esilio. Tracce, solidarietà, violazione intende collocarsi in uno scenario temporale e geografico ampio per documentare sedimentazioni e conseguenze della violazione su coloro che vengono considerati esterni agli ordini morali e nazionali delle cose. Intende inoltre soffermarsi sulle memorie depositate nei luoghi attraversati dalle migrazioni, nelle comunità e lungo le generazioni, nonché volgere lo sguardo all’emergere di nuove forme di solidarietà, di accoglienza alternativa, di pratiche di resistenza e attivismo civico. Intendiamo altresì interrogarci, in una prospettiva comparativa, sulla frantumazione di uno spazio pubblico capace di riconoscere la memoria e l’esperienza dell’esilio e sulla possibilità di costruire nuovi spazi di riconoscimento e solidarietà. Se esperienze e memorie possono non lasciar traccia o rimanere invisibili allo sguardo istituzionale e pubblico, esse tuttavia possono ugualmente depositarsi nei luoghi e nelle vite dei singoli e delle collettività.
In un contesto di tale complessità, la ricerca empirica e le esperienze sociali che si sono radicate nei territori possono esprimere uno strumento metodologico e riflessivo teso ad esplorare i processi sociali nella loro articolazione, osservare il presente alla luce del passato e di possibili scenari futuri, mobilitare le memorie dell’asilo, delle mobilità, delle solidarietà.
Tempistica
- 15 marzo 2025: chiusura della call for panels
- fine marzo 2025: comunicazione accettazione panel
- fine marzo 2025: lancio della call for presentations
- inizio maggio 2025: chiusura della call for presentations
- metà maggio 2025: comunicazione delle presentazioni accettate e pubblicazione del programma definitivo della conferenza
- 11-12 settembre 2025: Conferenza #escapes2025 a Milano
VII Escapes Conference
Memories and places of exile
Traces, solidarity, violation
Milan, September 11-12, 2025
On May 13, 2015, the European Commission implemented the European Agenda on Migration in order to provide an immediate response to what was deemed to be a “Mediterranean crisis situation” and to indicate structural solutions for migration management. It was in fact a reorganization in a restrictive sense of the external and internal borders of the European Union and its member countries in relation to third countries.
This reorganization held the traces of previous phases of crises, such as the geopolitical destabilizations of the Middle East and North Africa area dated around 2011, the transformations of rescue practices in the Central and Eastern Mediterranean routes since 2013, and the movements related to the Balkan route. To the EU’s gaze, these crises had incentivized irregular migration that was out of control in numbers and entry patterns. Adopting the pillars of the Global Approach to Migration and Mobility and in time becoming the inspiring basis for the new European Pact on Migration and Asylum (2020), the Agenda aimed to reconfigure border and transit zones inside and outside the Union by calling for political practices and mobilising resources, techniques and social actors useful for its purpose (e.g. relocation of control along West African borders, expedited return procedures and renewal of bilateral pacts, establishment of hotspot areas/approaches at entry points, deployment of forces to strengthen internal EU crossings).
These and other national and international policy measures, along with their implementation practices, have had immediate erosive effects on rights and freedom of movement. Prohibition of landing and transit; depletion of resources allocated to reception and dismantling of informal spaces for stopping and rescue; relocation and acceleration of repatriation procedures; forced stay in transit places that expose to violation; lists of safe countries and pacts for border externalization: these are just some of the measures that have made the consequences of these policy directions explicit and materially visible.
However, the refractive effects of these measures on individuals, communities, and their networks of relationships often manifest themselves with less visible and explicit characters. Their long-lasting reverberations, the force with which they affect migrant lives, and the wide-ranging consequences that also shatter local communities and forms of solidarity, inside and outside Europe, demand to be investigated, brought to light, and made public debate.
To reason about the consequences and transformations that have been generated around national and international migration policies is also to grasp the social ways in which they have been transgressed. People have continued to migrate and settle, to cross territories, reorganize lives, and cope with disciplinary orders. Where the Agenda has laid the groundwork for striking solidarity from below on behalf of migrant people, fostering a solidarity among member countries as a deterrence against migratory movements into and within Europe, new mobilizations, informal welcomes and solidarity have come to life, sometimes even recovering experiences deposited in places and in collective or solidaristic memory.
The ten years since the European Agenda on Migration is a temporal pretext for capturing the forms and ways in which policy directions and implementation measures have eroded and fragmented the institution of asylum and, more generally, restricted access to mobility by people from the global South and stratified violations that affect both migrants and anyone who engages in forms of solidarity in their support.
Finally, understanding the current scenario implies considering a context in which the issues of border and mobility have become intertwined with the neoliberal crisis and the entrenchment of growing authoritarianism and populism, and in which there is a proliferation of wars and conflicts, starting with Ukraine and Palestine. It should be remembered, for example, that the Geneva Convention Relating to the Status of Refugees (1951) was drafted in response to the aftermath of war and refugee status. Looking back allows one to look in perspective at the nexus between wars, diasporas and places of transit or landing, but above all to question the resilience of political and social rights.
The conference Memories and Places of Exile. Traces, Solidarity, Violation intends to situate itself in a broad temporal and geographical scenario in order to document sedimentations and consequences of violation on those who are considered external to the moral and national orders of things. It also intends to dwell on the memories deposited in the places traversed by migration, in communities and across generations, as well as to turn our gaze to the emergence of new forms of solidarity, alternative reception, practices of resistance and civic activism. We also intend to question, in a comparative perspective, the shattering of a public space capable of recognizing the memory and experience of exile and the possibility of building new spaces of recognition and solidarity. While experiences and memories may leave no trace or remain invisible to the institutional and public gaze, they can nevertheless equally settle in the places and lives of individuals and communities.
In a context of such complexity, empirical research and social experiences that have taken root in territories can express a methodological and reflexive tool aimed at exploring social processes in their articulation, observing the present in light of the past and possible future scenarios, and mobilizing memories of asylum, mobility, and solidarity.
Timing
- March 15, 2025: closing of the call for panels
- end of March 2025: panel acceptance communication
- end of March 2025: launch of call for presentations
- early May 2025: closing of the call for presentations
- mid-May 2025: communication of accepted presentations and publication of the final conference program
- September 11-12, 2025: #escapes2025 conference in Milan, Italy
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Call for Presentations #escapes2025
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