IV Conferenza Escapes – #escapes2017
Ripensare le migrazioni forzate
Teorie, prassi, linguaggi e rappresentazioni
Università di Parma, 8 e 9 Giugno 2017
Lo spettacolo del salvataggio. Ruolo della comunicazione civile e militare relativa alle operazioni di Ricerca e Soccorso (SAR) in mare nella rappresentazione delle migrazioni
Proponente: Valeria Brigida, giornalista
Una certa schizofrenia caratterizza la narrazione dominante sulle migrazioni forzate via mare. Per quanto strutturale, il fenomeno delle migrazioni via mare della rotta Mediterraneo Centrale è ancora raccontato in termini emergenziali e inaspettati, minacciosi per l’integrità e la sicurezza europea. Indubbiamente, il ruolo giocato dalla narrazione mediatica è cruciale: attraverso parole e immagini il discorso pubblico e politico legittima politiche di esclusione – quali il controllo militare dei confini, l’esternalizzazione della sorveglianza, il contenimento e la dissuasione delle migrazioni. Il Canale di Sicilia – principale via d’accesso all’Europa – è sempre più pattugliato da missioni militari con l’obiettivo di difendere i confini esterni e interni europei (per esempio: Frontex, EuNavForMed). Partendo dalla militarizzazione del Mediterraneo per mano delle politiche europee, questo panel intende focalizzarsi sull’impatto mediatico che ne consegue in termini di costruzione della sicurezza e di rappresentazione delle migrazioni forzate.
Punto di partenza è che le narrazioni dei fenomeni migratori verso l’Europa sono modellati anche attraverso la vasta copertura mediatica delle operazioni SAR nel Mar Mediterraneo. Secondo diversi progetti di monitoraggio dei media gestiti dall’Osservatorio di Pavia (OdP), la cosiddetta crisi migratoria in Europa è diventata tema dominante nella maggior parte delle agende dei paesi dell’Unione Europea. In realtà, sono state soprattutto le immagini scioccanti di migranti soccorsi in mare dalle organizzazioni civili e militari a influire sulle percezioni dell’opinione pubblica e, in molti casi, a influenzare le politiche pubbliche degli stati membri dell’UE. Se da un lato la copertura mediatica “positiva” può contribuire a diminuire le paure nei confronti dei migranti, la percezione della minaccia, i sentimenti e gli atteggiamenti di discriminazione, dall’altra, una copertura mediatica “negativa” – ad esempio, un eccessivo sensazionalismo, una de-umanizzazione dei migranti, una cornice di invasioni ineluttabili, persistenti stereotipi – favorisce un atteggiamento anti-migranti e può contribuire a legittimare politiche migratorie di esclusione.
In questo contesto, le forze militari impegnate in operazioni SAR usano e implementano le loro unità di Pubblica Informazione (PI) per disseminare informazioni sul proprio sforzo nel Mar Mediterraneo – anche attraverso canali social dedicati. Allo stesso tempo, i media tradizionali – penalizzati da un accesso logisticamente limitato all’area delle operazioni SAR e, quindi, da scarse possibilità di osservare ciò che sta accadendo nel Canale di Sicilia – spesso si basano sui comunicati stampa e informazioni fornite dalle stesse forze militari impegnate in mare. Se tradizionalmente il tono generale delle informazioni militari sottolinea il ruolo di controllo e pattugliamento delle coste, recentemente si è introdotto anche il tema dello sforzo umanitario volto a salvare vite umane di migranti e rifugiati. Questo è dovuto anche ad una narrazione diversa offerta dalle ONG impegnate in mare che hanno iniziato le loro attività subito dopo la fine di Mare Nostrum. La presenza di missioni civili SAR ha aumentato notevolmente la visibilità di un confine che precedentemente non era mediaticamente rappresentato. Se questo ha contribuito a sensibilizzare l’opinione pubblica e politica sui rischi delle migrazioni forzate, dall’altra parte ha contribuito anche a nuove forme di spettacolarizzazione del confine. La narrazione delle operazioni SAR, dunque, diventa cruciale in termini di percezione pubblica dei fenomeni migratori e può influenzare il consenso dell’opinione pubblica rispetto alle politiche migratorie europee.
Questo panel mira a essere luogo di confronto su come l’uso di specifiche parole, espressioni e immagini usate da chi contribuisce a creare il discorso mediatico (giornalisti, addetti stampa militari e di Ong o agenzie umanitarie) per descrivere le operazioni di ricerca e soccorso (SAR) in mare porti con sé il rischio di legittimare politiche nazionali ed europee volte all’esclusione nei confronti dei migranti e alla chiusura dei confini meridionali dell’UE.
Si sollecitano studiosi, operatori dei media, soggetti che a diverso titolo sono direttamente impegnate nelle operazioni di soccorso (agenzie umanitarie o militari) a riflettere su queste tematiche. Esperienze di ricerca, di campo e di lavoro e diverse modalità di esposizione saranno ben accettate.
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