
Avevo lavorato 10 anni e racimolato un bel gruzzoletto. Stavo per compiere 25 anni, età da matrimonio. Avevo già scelto una casa grande, dove potessimo stare finalmente tutti insieme, ricambiando l’amore e le cure alla nonna e la zia che mi avevano cresciuto fino ad allora. Avevo due mesi quando sono stato strappato all’amore materno. Non ho potuto bere il latte di mia madre. Ho bevuto il latte della zia e delle altre donne di casa che mi hanno cresciuto come un figlio. Mio nonno, uomo rispettato in tutto il quartiere, è capostipite di una tribù illustre. Io porto il suo nome, e da lui sono stato cresciuto. Per questo non ho mai potuto permettermi di sbagliare. Sbagliando avrei infangato il nome di mio nonno e di tutta la tribù. Sono cresciuto con la schiena ben dritta, imparando a perdonare e aiutare, come il misericordioso; faticando per me stesso e la mia famiglia, di cui avevo la responsabilità. Ho lavorato da quando avevo 13 anni come fabbro e poi elettricista e poi tecnico di impianti di condizionamento. Nel frattempo finivo il liceo e sostenevo economicamente la mia famiglia.
Non mi sono mai risparmiato e negli anni ho guadagnato il rispetto di tutti, seguendo l’esempi di mio nonno. Fekhri è 10 uomini sul lavoro. Ogni impresario cercava di avermi in squadra, ogni madre mi voleva come sposo per la figlia. Io cercavo lei, la mia luna, la regina della casa, la madre dei miei figli. Ormai i risparmi erano sufficienti, stavo contrattando per la casa, una volta pronta sarei andato d lei dicendole ‘ecco la casa, ecco la dote, scegli tutti gli arredi che vuoi. Se vorrai, tu sarai mia moglie. La prima e l’unica che illuminerà le mie notti. Io ti darò protezione, tu mi darai la pace e in due saremo uno’. Era ormai tutto pronto. Questa è la foto di lei. Non è bellissima?
Poi è arrivata la guerra, da un giorno all’altro. Io ho dovuto lasciare tutto e sono stato arruolato tre anni combattendo e vedendo la guerra, la crudeltà dell’uomo e la morte. Poi ho deciso di fuggire. Prima l’Egitto, poi l’Europa, fino in Svezia. Ho visto sfumare i miei sogni, ho usato tutti i risparmi per mettermi in salvo. In Svezia non avevo già più un soldo. Ho ricominciato a lavorare duro, lavoro nero, ma lavoro. I richiedenti asilo non hanno il permesso di lavorare. Il mio orgoglio non mi permette di chiedere l’elemosina, né di domandare aiuto e soldi in prestito agli amici. Ho sempre fatto tutto con le mie mani e guadagnato ogni cosa col mio sudore.
L’Europa non piegherà quest’uomo, non toglierà lui la dignità. Non ha potuto farlo la guerra e non lo farà l’Europa. Fisicamente però non mi riconosco più. Ero bello, ero un modello, avevo la taglia standard, come un manichino e le donne impazzivano letteralmente per me. Io non ho mai ceduto all’amore illecito, ma sapevo che mi sarei potuto permettere ogni cosa se solo avessi voluto. L’Europa mi ha svuotato. Non ho più carne e ho imparato a non mangiare per 4 giorni. Posso sopportare tutto, perché so che mi rimetterò in piedi. È solo questione di tempo. Ho le mani, ho le braccia, ho il cervello, ho la schiena dritta. Imparo anche questa lingua e sarò di nuovo il Fekhri di Damasco, indomito palestinese di Yarmouk, fiero e orgoglioso di ricominciare tutto da zero. Non mi fa paura. Noi di Yarmouk sappiamo bene cosa vuol dire posare mattone su mattone e trasformare un accampamento di 4 tende in una città viva e ricca di opportunità.

In Svezia ho imparato lo svedese, lavoravo, ho comprato vestiti della migliore qualità e tutto quello che mi serviva. Avevo gli amici, la casa. Guarda le cene, senti la musica. Questo è quello che ha chiamato la polizia per dire dove mi nascondevo. Ero Dublino Italia. In Svezia stavo bene. Avevo ricominciato tutto. Un anno in Egitto, 6 mesi in Svezia… Ora l’Italia. Pensavo alla casa che avevo lasciato, a 25 anni di vita andati in fumo… L’Italia… L’Italia… Non è che dicano tanto bene dell’Italia. L’Italia… Un altro paese per ricominciare… di nuovo da zero. Sono due mesi che parlo a gesti. Arrivato all’aeroporto mi hanno detto ‘non c’è posto. Dormi in strada. Il progetto è pieno’. Sono stato accolto in moschea, dove ho dormito per un mese. Poi un giorno un mio amico, un altro siriano, mi ha detto ‘vieni alla festa del capodanno persiano. C’è Francesca’. Francesca, Francesca, Francesca. Tutti nominavano Francesca. Lei aiuta tutti, aiuterà anche te. Francesca… Parla persiano… Insegna l’islam, ha il cuore orientale e il sorriso della luna. Francesca… Ero curioso. Non ho dormito tutta la notte. Tutti dicevano che è un angelo e mi avrebbe aiutato.
Arrivo alla festa, c’è riso, musica, melanzane fritte, una conferenza… Poi Hasan mi chiama. ‘Vieni. È lei!’. ‘Francesca, questo è Fekhri’. E lei ‘Feeeeeekhriiiii, è un mese che ti cerco! Vieni lunedì in piazzale Roma alle 8.30. Andiamo a Chioggia. C’è un posto in accoglienza per te. È un progetto base, non ti daranno soldi, solo mangiare e dormire. ma almeno possiamo seguirti per la richiesta d’asilo. Benvenuto! Sono felice di vederti finalmente! Fino ad oggi eri solo un nome scritto su una lista.
Questa storia è stata raccolta a Venezia, da Francesca Grisot.