Proponenti: Davide Biffi, Laboratorio Escapes; Chiara Tasinazzo, Laboratorio Escapes
L’accoglienza di migranti forzati è un settore in espansione nel panorama del terzo settore. Dall’emergenza nord Africa (2011-2013) sino alle più recenti trasformazioni nel sistema di accoglienza, diverse tipologie di enti e attori sociali (cooperative sociali, associazioni, enti religiosi, altre tipologie di imprese) sono entrati nello scenario dei servizi di accoglienza. Tra questi vi sono molti professionisti debitamente formati che operano con la maturità di esperienze precedenti, ma vi sono sovente gestori che si trovano a lavorare in modo totalmente improvvisato.
La grande attenzione mediatica data agli arrivi di migranti nel corso del 2014, soprattutto per quanto riguarda gli sbarchi via mare, ha favorito il mantenimento ed il consolidamento di quel sistema di accoglienza “emergenziale” gestito dal 2011 direttamente dalle Prefetture in tutta Italia. Parallelamente il sistema SPRAR è stato ampliato nel numero di posti con il bando 2014-2016 (arrivando a circa 20.000 posti, partendo dai precedenti 5.000 scarsi), anche se ciò ancora non basta a far fronte a tutte le richieste di accoglienza.
Nonostante alcuni elementi di novità (come la nascita dei centri di accoglienza straordinaria distribuiti sul territorio nazionale), il sistema di protezione e assistenza per richiedenti asilo e rifugiati che oggi è attivo in Italia si regge sulla base di scelte e pratiche basate ancora su improvvisazione ed emergenzialità.
Lo scenario attuale dell’accoglienza offre un quadro che permette di mettere in luce aspetti critici sia a livello macro, (cioè di linee politiche nazionali ed europee) che a livello micro, ovvero nelle modalità locali con cui sono gestite le diverse tipologie di centri di accoglienza (SPRAR, Cara, Cas, ecc.).
In questo scenario numerosi operatori sociali sono stati chiamati a svolgere il loro lavoro spesso sprovvisti di adeguata formazione. Altre volte, pur avendo competenze professionali strutturate e proveniendo da esperienze pregresse nell’accoglienza, hanno incontrato difficoltà a causa del ruolo di cui sono stati investiti o dei compiti ad essi affidati senza il supporto di un più largo sistema strutturato e ben funzionante.
Questo panel intende favorire il dialogo tra operatori dei servizi di accoglienza (SPRAR, Cas, Cara, ecc.) e tra operatori e ricercatori universitari al fine di elaborare una riflessione critica su alcune questioni che il lavoro quotidiano nei servizi d’accoglienza fa emergere a vari livelli.
Per questo motivo sono auspicabili, ai fini di una buona riuscita del panel, contributi originali sia da parte di operatori sociali che di ricercatori.
Saranno dunque selezionate etnografie, studi di casi, ricerche originali, riflessioni e rielaborazioni su esperienze professionali e buone pratiche che trattino i seguenti temi:
– Il ruolo degli operatori e delle équipe di lavoro nei servizi di accoglienza: la formazione e la composizione delle équipe, le modalità operative, l’approccio all’utenza tra compassione e controllo, le dinamiche di mediazione e triangolazione tra beneficiari e istituzioni locali e nazionali;
– I beneficiari dei servizi di accoglienza: le modalità di relazione di operatori e istituzioni nei loro confronti, le forme di potere e di violenza strutturale agiti e subiti;
– La raccolta delle “storie di vita” in preparazione all’udienza alla Commissione Territoriale: la valenza di questo momento di relazione tra operatore e richiedente asilo, il ruolo dell’operatore, le dinamiche di performance e di “costruzione della storia di vita”, le categorie di “verità” e “falsità” della narrazione, il supporto al progetto migratorio;
– Strumenti e buone pratiche dell’accoglienza;
– L’operatore del terzo settore e la gestione dell’accoglienza di richiedenti asilo e rifugiati: tra SPRAR e accoglienze straordinarie (il paradigma dell’emergenza); tra business, anche malavitoso (“Mafia capitale” esempio eclatante) ed intervento sociale; la logica dell’umanitario; la creazione di un nuovo target di mercato; specializzazione e improvvisazione degli operatori; le modalità con cui il terzo settore narra il proprio intervento.