Proponenti: Elena Fontanari, Università degli Studi di Milano, Laboratorio Escapes; Giulia Borri, BGSS – Humboldt University of Berlin, Laboratorio Escapes
Negli ultimi anni l’Italia è stata attraversata da grandi cambiamenti che hanno modificato le forme di accoglienza e i sistemi di controllo delle migrazioni forzate. L’aumento del numero degli arrivi nel 2014, l’allargamento del sistema SPRAR, l’operazione Mare Nostrum, il passaggio dei siriani nella stazione centrale di Milano, i tentativi di abbandonare l’Italia verso i paesi del nord Europa, gli scandali di “Mafia Capitale”, sono alcuni dei fenomeni che hanno messo in evidenza le profonde ambiguità del sistema di accoglienza italiano e la complessità dell’interrelazione con fenomeni strutturali quali la crisi economica. Una delle caratteristiche che possiamo osservare in questi nuovi fenomeni, è l’aumento dell’indistinzione tra formale/informale e sicurezza/accoglienza nella gestione delle migrazioni forzate così come nelle esperienze dei soggetti. Si è venuto a formare un mondo parallelo che viene raggiunto dallo stato in termini di controllo, ma non di accoglienza. Delle “zone d’ombra” che affiancano – e a volte incrociano – le istituzioni, in cui i richiedenti asilo e rifugiati si muovono tra costrizioni strutturali e volontà di costruirsi autonomamente i propri percorsi e progetti. Queste zone d’ombra che affiancano il sistema di accoglienza per richiedenti asilo e rifugiati, caratterizzate da un alto livello di informalità, mettono in luce l’accrescere di una tendenza tipica della gestione delle migrazioni forzate: la tensione tra controllo e abbandono. Questa caratteristica ambivalente di controllo/abbandono delle politiche sulle migrazioni forzate ha degli effetti diretti sulle biografie dei soggetti creando una condizione ambivalente di forte marginalità, da un lato, ed estrema esibizione pubblica e mediatica, dall’altro. Condizione che viene rinforzata anche da altri fenomeni strutturali quali la povertà economica, le diverse forme di razzismo, e il sistema di welfare (e le sue lacune).
In questo panel si vogliono raccogliere ricerche che contribuiscono a mettere in luce queste “zone d’ombra” che affiancano e sovrappongono le istituzioni. Interessano ricerche che svelano come in queste “zone d’ombra” i meccanismi di controllo si incontrano e scontrano con i desideri e i percorsi autonomi dei migranti forzati, che cercano di fuggire e svincolarsi dalle restrizioni. Sia nei centri di prima accoglienza, così come nei centri SPRAR, e nei centri Dublino, assistiamo allo svilupparsi di percorsi di richiedenti asilo e rifugiati che escono dalle mura di questi edifici – per poi rientrarci e riuscirci ancora. Allo stesso modo queste dinamiche sono presenti nelle tendopoli di Rosarno o del “Gran Ghetto” di Foggia, nelle navi della marina dell’operazione Mare Nostrum, nelle città dove assistiamo all’intensificarsi di pratiche abitative come l’occupazione di case, o l’utilizzo delle stazioni dei treni come luoghi di rifugio e transito. Le politiche di gestione delle migrazioni forzate alternano un intenso controllo delle mobilità dei soggetti con l’abbandono di quest’ultimi, negandone l’esistenza e rendendo invisibili le loro biografie. Dall’altro lato, i richiedenti asilo e rifugiati reagiscono a questi meccanismi, ritagliandosi spazi e tempi di autonomia. Ci interessano ricerche che, privilegiando una prospettiva etnografica, evidenzino queste dinamiche e tensioni partendo dal punto di vista dei soggetti che le vivono in prima persona. Seguendo le biografie dei richiedenti asilo e rifugiati che abitano le zone d’ombra fuori dalle istituzioni e dai programmi di accoglienza, per scelta o per abbandono, permette di metter in luce le carenze del sistema di accoglienza in relazione anche ad altri fenomeni strutturali sopraelencati. Siamo interessati a ricerche che ci svelino la complessità di questi processi, descrivendo le relazioni di potere che si instaurano tra gli attori e mettano in rilievo la voce dei soggetti protagonisti.