#escapes2020 online – 26 giugno 2020
Il governo della migrazione e dell’asilo
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Le operazioni SAR e la gestione degli sbarchi nella transizione Covid19
Carlo Caprioglio, Dipartimento di Giurisprudenza, Università di Roma Tre, Francesco Ferri, Lucia Gennari
Le dinamiche che caratterizzano la gestione delle operazioni SAR si sono fortemente radicalizzate nel periodo del lockdown. I soccorsi delle navi umanitarie sono stati ulteriormente scoraggiati e lo sbarco dei naufraghi rallentato tramite l’introduzione di decreti ministeriali e l’utilizzo strumentale di misure amministrative, con l’effetto che le persone soccorse sono state costrette a lunghi periodi di detenzione di fatto a bordo delle navi SAR e l’operatività delle stesse è ad oggi estremamente compromessa.
Se si osserva quanto recentemente accaduto in alto mare, emerge subito come gli stati più coinvolti nelle operazioni SAR nel Mediterraneo centrale – Malta e l’Italia – abbiano utilizzato negli ultimi mesi strategie nuove e mirate a una riduzione estrema del loro intervento, consistite nel ritardare l’attivazione dei propri mezzi fino all’ingresso dei migranti nella propria zona SAR o addirittura nelle acque territoriali, privilegiando non solo l’intervento libico ma anche quello di navi commerciali poi reindirizzate verso la Libia. Di molte imbarcazioni di migranti si è persa traccia e sono aumentati gli sbarchi c.d. autonomi in Italia.
A metà aprile, l’organizzazione Alarm phone ha ricevuto numerose chiamate di allarme da diverse imbarcazioni in difficoltà, spesso nella zona SAR maltese. In questi casi la richiesta di soccorso viene inoltrata a Malta e all’Italia che, in base alle norme del diritto internazionale del mare, hanno un obbligo di cooperazione nello svolgimento delle operazioni SAR, incluso lo sbarco in un luogo sicuro. Ciononostante, le autorità maltesi e italiane hanno in quei giorni, a fronte delle segnalazioni, attivato solo il controllo aereo in alcune zone di alto mare, evitando di inviare navi e quindi di doversi impegnare direttamente nel soccorso e assumere poi la responsabilità per lo sbarco dei naufraghi. Le persone soccorse il 13 aprile dalla Aita Mari della ONG basca Salvamento Maritimo Humanitario, per esempio, sono rimaste alla deriva nella SAR maltese per diversi giorni, senza alcun supporto concreto da Malta o dall’Italia, entrambe al corrente della situazione. Negli stessi giorni, invece di inviare le proprie motovedette in soccorso di un’altra imbarcazione alla deriva tra Malta e Lampedusa, Malta ha incaricato dell’intervento un peschereccio libico all’ancora a Malta che ha poi ricondotto i naufraghi in Libia, cinque persone sono morte durante il viaggio di ritorno1.
Emblematico è anche il caso del gommone con 101 passeggeri arrivato autonomamente fino a Pozzallo a metà aprile: i sopravvissuti hanno raccontato ad Alarm phone e ad alcuni giornalisti di essere arrivati quasi fino a Malta, dove sono stati prima minacciati da navi delle autorità maltesi, che dopo un tentativo di convincerli a tornare in Libia li hanno poi riforniti di carburante e di un nuovo motore, oltre a indicargli le coordinate per raggiungere la Sicilia2. Le autorità italiane sono intervenute quando il gommone è entrato nella zona SAR italiana.
Il governo italiano aveva nel frattempo preso provvedimenti volti a dissuadere le navi soccorritrici dal richiedere lo sbarco dei naufraghi in Italia. Il 7 aprile è stato pubblicato un decreto interministeriale3 con cui si dichiara che per tutto il tempo dell’emergenza sanitaria, quindi anche oltre la fase del lockdown, tutti i porti italiani non assicureranno le caratteristiche richieste dal diritto internazionale del mare per essere considerati “sicuri”. La ragione alla base del provvedimento è costituita dall’asserita impossibilità di garantire ai naufraghi l’assistenza sanitaria a causa della pressione a cui sono sottoposti i sistemi sanitari regionali e, anzi, ritenendo aprioristicamente che l’arrivo di nuove persone comprometterebbe certamente la loro tenuta. La “sicurezza” dei porti italiani è stata peraltro esclusa solo per le persone soccorse fuori dalla SAR italiana da imbarcazioni battenti bandiera straniera. L’11 aprile il governo maltese ha annunciato di aver predisposto una decisione ministeriale dal contenuto simile4 e, richiamandosi a tale provvedimento, ha continuamente ribadito la propria indisponibilità a consentire lo sbarco di migranti soccorsi in mare. A tale proposito vale la pena ricordare che, a partire dal primo maggio, Malta ha informalmente disposto che tutte le persone soccorse in mare vengano trasferite a bordo di imbarcazioni turistiche immediatamente al di fuori delle acque territoriali maltesi senza poter sbarcare, attualmente oltre 400 persone si troverebbero a bordo di 4 navi turistiche “Captain Morgan”5.
Infine, la pratica molto utilizzata già a partire dall’estate 2018 di rallentare lo sbarco dei naufraghi costringendoli di fatto a rimanere anche per molti giorni a bordo della nave soccorritrice è silenziosamente proseguita. Dal 3 aprile e nei giorni successivi la nave della ONG Sea Eye, Alan Kurdi, ha soccorso 150 persone in acque internazionali6. Non avendo ottenuto l’autorizzazione a sbarcare a Malta, la nave si è diretta verso l’Italia rimanendo al largo per più di dieci giorni prima che i naufraghi venissero trasferiti non a terra ma sulla nave Rubattino per la quarantena, come si vedrà più avanti. Una vicenda simile ha riguardato la nave Aita Mari e le 47 persone soccorse in SAR maltese, tutti i naufraghi sono stati trasferiti sulla Rubattino, dopo quasi una settimana di detenzione di fatto sulla Aita Mari. Entrambe le navi umanitarie non sono a oggi autorizzate a lasciare il porto in cui si trovano e non possono quindi riprendere le proprie attività a causa di provvedimenti amministrativi delle autorità italiane.
La delega alle autorità libiche e ad attori privati delle operazioni SAR, il mancato o ritardato intervento degli stati europei, la criminalizzazione e il blocco delle navi umanitarie sono il risultato di scelte politiche, prassi e provvedimenti normativi e amministrativi che si susseguono ormai da anni e che devono essere oggetto di critica nell’ambito delle discussioni sulla libertà di movimento. Durante il lockdown, utilizzando argomenti legati alla prevenzione del covid-19, l’Italia e Malta hanno messo in pratica forme di confinamento e privazione della libertà personale nuove e più violente come l’utilizzo di pescherecci male attrezzati per ricondurre i naufraghi in Libia, la detenzione di fatto per periodi lunghissimi e sotto il completo controllo statale su piccole navi turistiche, limitando o eliminando l’intervento di mezzi statali, ordinando a navi private di dirigersi verso la Libia dopo aver effettuato operazioni SAR7.
Alla luce di queste considerazioni è quindi interessante osservare una importante contraddizione messa in luce dalle modalità di gestione dei soccorsi in mare nella fase del lockdown: le misure anti-covid, la cui funzione sarebbe in definitiva quella della tutela della vita, nel campo della migrazione via mare sono si sono rivelate strumentali a pratiche e provvedimenti che hanno portato, al contrario, alla perdita di vite in mare e a numerosi respingimenti verso la Libia, un paese attraversato da un violento conflitto civile e in cui i cittadini stranieri sono sistematicamente sottoposti a detenzione arbitraria, sfruttamento, pratiche estorsive e a differenti forme di tortura.
Note:
1. https://alarmphone.org/en/2020/04/16/twelve-deaths-and-a-secret-push-back-to-libya/?post_type_release_type=post.
2. https://www.avvenire.it/attualita/pagine/cosi-malta-respinge-i-migranti-e-li-dirotta-verso-libia-e-italia.
3. http://www.questionegiustizia.it/articolo/lo-stato-di-emergenza-sanitaria-e-la-chiusura-dei-porti-sommersi-e-salvati_21-04-2020.php.
4. https://www.hrw.org/news/2020/04/09/eu/italy-port-closures-cut-migrant-and-refugee-lifeline.
5. https://euobserver.com/migration/148546.
6. https://www.ilpost.it/2019/10/26/nave-alan-kurdi-minacciata-guardia-costiera-libica/.
7. https://www.infomigrants.net/fr/post/25040/98-migrants-returned-to-libya-after-being-rescued-by-commercial-ship.
Per citare questo articolo:
Caprioglio, Carlo, Ferri, Francesco, Gennari, Lucia. “Libertà differenziate: tre punti di vista per riflettere sul confinamento dei migranti nella transizione Covid-19. Le operazioni SAR e la gestione degli sbarchi nella transizione Covid19”, in Escapes – Laboratorio di studi critici sulle migrazioni forzate VI Conferenza nazionale – edizione on line 26 giugno 2020, http://www.escapes.unimi.it/escapes/operazioni-sar-gestione-sbarchi-covid/, consultato il GG/MM/AAAA
Questo testo è distribuito con licenza Creative Commons Attribuzione – Non commerciale – Non opere derivate 3.0 Italia
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