Proponente: Adele Del Guercio, Università degli Studi di Napoli L’Orientale, Laboratorio Escapes
Nell’ambito del panel si vogliono discutere, con un taglio giuridico, questioni connesse con la mobilità delle persone, ed in particolare relative all’attraversamento del Mar mediterraneo, agli spostamenti intra-europei, all’effettivo accesso alla protezione, alla privazione della libertà (legalizzata o meno). I campi di accoglienza/detenzione da istituire nei Paesi africani, quelli già operanti in Europa, Frontex, il regolamento Dublino sono tutti strumenti della stessa politica volta a regolamentare/contenere la mobilità dei migranti, anche a discapito dei diritti fondamentali. I processi di Khartoum, Rabat e Budapest, nonché l’Agenda europea sull’immigrazione (che dovrebbe essere resa pubblica a maggio) pongono fortemente l’accento sulla cooperazione con i Paesi di origine e di transito dei migranti, Paesi che tuttavia non possono definirsi “sicuri” in quanto non offrono garanzie sotto il profilo del rispetto dei diritti umani e del diritto d’asilo. A tal riguardo la Corte europea dei diritti umani ha avuto modo di precisare, nel pronunciarsi sul ricorso Hirsi e altri c. Italia, che non è sufficiente la ratifica dei trattati internazionali sui diritti umani perché uno Stato possa definirsi sicuro: lo Stato Contraente della CEDU ha l’obbligo di verificare quale sia la situazione effettiva nel Paese di destinazione prima di respingere/espellere una persona. Tale principio è stato confermato anche con riguardo al trasferimento del richiedente asilo da uno Stato membro ad un altro in ottemperanza al riparto di competenze contenuto nel regolamento Dublino. Con il processo di Khartoum a venire in rilievo è tuttavia un’altra ipotesi, che desta peraltro grande preoccupazione: quella dell’esternalizzazione (in Paesi non europei, nella gran parte dei casi caratterizzati da regimi dittatoriali – come l’Eritrea, dall’assenza di un apparato statale che abbia il controllo effettivo sul territorio – come Libia e Somalia, da instabilità politica e conflitti interni) non solo dei controlli delle frontiere, finanche dell’accoglienza dei richiedenti asilo e delle stesse procedure di esame della domanda. È chiaro che si tratta del tentativo degli Stati membri dell’UE di venir meno agli obblighi cui sono vincolati da molteplici fonti internazionali sui diritti umani, tentativo che contrasta peraltro con la giurisprudenza, sopra richiamata, della Corte di Strasburgo.
Dal momento della partenza, al momento in cui viene accolta la domanda di protezione internazionale, passando per il “viaggio” (che consente di accedere al territorio europeo), per i limiti alla mobilità intra-europea posti dal regolamento Dublino e alla libertà personale posti dallo strumento della detenzione (che, oltre ad essere una realtà di molti Stati europei, è peraltro un’ipotesi ammessa dalla nuova direttiva accoglienza – 2013/33/UE), vengono pertanto in rilievo numerose questioni connesse con la protezione dei diritti dei migranti.